Oggi parliamo di comunicazione o per meglio dire la comunicazione generata dall’immagine e dalla moda. La parola moda, racchiude in sé molteplici significati. L’abbigliamento che indossiamo, ma anche gli accessori, ci permettono di identificarci nel ruolo che ricopriamo nella società, ma anche di identificarci con una determinata appartenenza sociale, religiosa, politica, culturale. La storia ci insegna, che ogni capo d’abbigliamento ci identifica con un determinato gruppo di persone e, ne sottolinea lo stile di vita. Se dovessimo pensare ad un paio di jeans a zampa di elefante, penseremmo immediatamente agli Hippie, la generazione icona che ha reso questo capo d’abbigliamento una precisa etichetta che li differenziava dall’omologazione di una società stereotipata. Così facendo, hanno fatto sì che si creasse una loro divisa, un segno di riconoscimento ben definito. Questo non vale solo per gli Hippie ma riguarda tutte le generazione passate, presenti e future. Non possiamo negarlo, oggi, viviamo nella società dell’apparire! Non solo l’abito che indossiamo comunica qualcosa di noi, ma soprattutto gli accessori fanno la differenza, il cappello, la borsa, i bijoux, le scarpe; determinano il nostro status: Bon Ton, professionale, conformisti e anticonformisti. Ma allora mi domando:
Quanto importante è il concetto dell’appartenenza, in una società così individualista? E sopratutto, esiste ancora?
In alcuni contesti, si cerca di differenziarsi dall’altro, credendo di uscire fuori dall’omologazione di una società che ci vuole tutti uguali. Spesso nelle mie consulenze di stile, la richiesta frequente che ricevo è <<Voglio vestire in modo del tutto diverso dal mio solito!>> o <<Per un giorno voglio essere un’altra persona!>>. D’altro canto è vero pure che ognuno di noi, indossa ogni giorno la propria uniforme, ciò viene determinata non solo dal vestito, ma anche dagli accessori, taglio di capelli o della barba, make up, portamento, atteggiamento, dagli oggetti tecnologici che ci accompagnano (smatphone, tablet). Il nostro corpo diventa una tela che comunica un determinato messaggio che raggiunge un obiettivo. Un manager senza il suo abito diventa meno capace o credibile nello svolgere il suo lavoro? Certamente no, ma ci metterà più tempo per dimostrarlo! In molti contesti della vita professionale, l’abito fa il monaco ed è indispensabile per la propria credibilità, in quanto è uno degli elementi visivi che caratterizzano una persona. Oltre alla comunicazione tramite le nostre uniformi quotidiane, nel nostro presente più che mai i mass media, la moda, internet, i social, hanno adottato le immagini come strumento di comunicazione universale, che essa sia positiva o negativa, l’immagine prevale sulla parola. E’ una forma di linguaggio diretto e soprattutto univoco, permeata di emozioni e sentimenti.
L’immagine o fotografia di moda, così come la intendiamo oggi, nasce nel 1909, quando Nast diventa proprietario di Vogue America. Da quel momento la moda venne raccontata attraverso la creatività dei fotografi, il mondo delle immagini si riempì di professionisti quali: modelle, truccatori, stylist, redattori. Le prime che scoprirono il potere che l’immagine aveva nel desiderio di cambiare il proprio aspetto, furono proprio le riviste di moda. In passato le immagini sono distanti dalla rappresentazione della realtà, i fotografi devono rispettare alcuni canoni imposti. Oggi le cose sono cambiate, i fotografi di moda espongono le proprie immagini regolarmente nelle mostre, sui social; sono liberi da scelte editoriali e mostrano la loro arte carica del valore che ha in sé. C’è da dire però, che di rado le mostre fotografiche sono state fautrici di grandi cambiamenti di stile da parte del pubblico, diversamente le riviste di moda, nel corso degli anni hanno influenzato le tendenze del loro pubblico. Ancora oggi, nonostante la pubblicazione delle immagini riguarda tutti noi, anche attraverso l’ausilio dei social, la fotografia di moda mantiene il suo status symbol.